Gravi rischi per i malati nel piano regionale per la cronicità

Date 2018/4/18 22:30:00 | Topic: Sanità

La giunta regionale piemontese, a guida PD, non cessa di attaccare i diritti dei malati.
La Regione Piemonte ha recentemente presentato il Piano per la cronicità (informazioni sul sito ufficiale http://www.regione.piemonte.it/sanita ... -per-le-malattie-croniche), che presenta gravi rischi per i diritti dei malati cronici.

Facciamo riferimento soprattutto all'Allegato B, le Linee di indirizzo regionali 2018-2019 (link nella pagina indicata sopra).

Il documento è scritto in modo fumoso e pieno di parole inglesi, che secondo la Giunta Regionale giovano molto alla salute dei malati cronici.

Ma il punto particolarmente critico si trova nel paragrafo 3.2 Integrazione socio-sanitaria, che riguarda servizi come strutture per lungodegenti, RSA e altri analoghi servizi. Qui si delinea una forte integrazione con i servizi sociali (sorvolando sul fatto che si sta trattando di malati, a curare i quali è tenuto il Servizio Sanitario Nazionale), fino ad affermare che è necessaria


l'attribuzione agli enti gestori dei servizi socio-assistenziali piemontesi di un ruolo attivo e diretto nella presa in carico dei pazienti cronici, specie di quelli caratterizzati da maggiore fragilità.


Questo in realtà significa che si intende trasferire tali persone (perché si tratta proprio di persone umane), pur riconoscendole come malati, dal settore sanitario - dove esistono diritti riconosciuti dalla Legge 833/1978 e dai LEA ed è pur sempre presente un certo livello di risorse - a quello socio-assistenziali, dove le risorse sono limitate e non esistono diritti esigibili (l'equivalente dei LEA) ma solo prestazioni discrezionali (interessi legittimi).

E questo evidente attacco ai diritti dei malati riguarda tutti i malati cronici, di qualsiasi età e tipologia, non solo anziani e disabili.

Le previsioni regionali, per ora (ma fino a quando?) non intaccano il diritto alle cure ospedaliere ed ambulatoriali o alle prestazioni diagnostiche, ma colpiscono specificamente le strutture che servono ai pazienti cronici più gravi, ed evidentemente in modo particolare quelli non autosufficienti.

Naturalmente poi nel prosieguo dello stesso paragrafo non manca neppure il riferimento al welfare di comunità, ossia alla strategia di scaricare sulla mitica "comunità" (in pratica sull'iniziativa privata) i servizi ai cittadini, ai quali viene quindi tolta ogni concreta garanzia.

Ancora una volta è dovere delle associazioni cercare di opporsi a questa tendenza, mettendo al primo posto le esigenze delle persone malate, che non possono essere soddisfatte se non attraverso un sistema di tutele giuridiche e di concreta organizzazione dei servizi pubblici.



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