AGGIORNATO - Perché la legge sul "dopo di noi" è un imbroglio

Date 2016/8/15 21:30:00 | Topic: Assistenza

Avete sentito parlare bene della Legge 112/2016, cosiddetta sul "dopo di noi", recentemente approvata dal Parlamento? Vi spieghiamo perché non dovete credere a questi giudizi.
Il commento seguente era stato originariamente scritto con riferimento al progetto di legge sul "dopo di noi", che in seguito è stato approvato senza modifiche dal Parlamento come Legge 22 giugno 2016 Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. Di conseguenza il commento purtroppo è ancora pienamente valido.

Ultimamente si è parlato parecchio della cosiddetta legge sul "dopo di noi" (Legge 112/2016) sull'assistenza ai disabili gravi privi di sostegno familiare, e da molte parti (ad esempio sul sito dell'ANFFAS nazionale) se ne è parlato in termini positivi, come se si trattasse di un passo decisivo verso il riconoscimento dei diritti di queste persone, diritti che invece prima non sarebbero stati riconosciuti da alcuna norma.

Ma in realtà le cose non stanno proprio così, e diverse associazioni, tra cui naturalmente noi del GVA, non sono cadute nella trappola di tutta questa propaganda e hanno potuto facilmente dimostrare che questa proposta di legge è una mistificazione o poco più.

Per quanto riguarda i commenti, una approfondita analisi critica, che anche noi condividiamo, è stata compiuta dal CSA - Coordinamento Sanità e Assistenza tra i movimenti di base - di Torino che l'ha inviata al Senato e al Governo.

Le nostre considerazioni, pure del tutto critiche e di analogo tenore, sono sintetizzate nel testo che segue. Anche noi le abbiamo comunicate al Senato e al Governo, e abbiamo mandato anche una nota al presidente nazionale dell'ANFFAS che ha espresso giudizi favorevoli che riteniamo molto superficiali. Ad entrambe le comunicazioni non abbiamo ancora avuto risposta.

La legge merita, come dicevamo, un giudizio fortemente negativo perché interviene in una materia in cui i diritti dei soggetti interessati sono già assicurati dalla legge, ed in particolare dall'art. 32 della Costituzione, dalla Legge 833/1978 sul Servizio Sanitario Nazionale e, in modo più diretto, dai LEA - Livelli Essenziali di Assistenza (sanitaria), previsti dal DPCM 29/11/2001 cogente ai sensi dell'art. 54 della Legge 289/2002, che garantiscono l'assistenza domiciliare o residenziale ai malati non autosufficienti. Queste norme prevedono prestazioni obbligatorie da parte del Servizio Sanitario Nazionale, e di conseguenza diritti esigibili per i cittadini.

Il progetto di legge sul dopo di noi contiene disposizioni scoordinate rispetto a tale normativa, e quel che è peggio tali da non riconoscere ai cittadini alcun reale diritto in più rispetto a quelli già esistenti, perché le prestazioni previste operano solo nei limiti della dotazione finanziaria stabilita, e di conseguenza possono essere negate quando la dotazione si esaurisce. L'uso di tale fondo appare inoltre diretto in misura preminente o comunque sostanziale a soggetti privati, delineando una sorta di privatizzazione del settore, e lasciando, in sede di applicazione, una discrezionalità così ampia che fa sorgere seri rischi di elargizioni clientelari, mentre si sarebbero quanto meno dovuto individuare come soggetti attuatori principalmente ASL e Comuni, ossia le istituzioni responsabili di sanità e assistenza.

Ma soprattutto, invece di approvare nuove leggi di questo genere si dovrebbe curare l'applicazione di quelle esistenti, in primo luogo finanziandole adeguatamente, invece di tagliare le risorse assegnate alla sanità o di usarle in modo irrazionale, e poi evitando di negare o differire arbitrariamente le prestazioni richieste (che peraltro alcuni non richiedono, non conoscendo i loro diritti). Ovviamente c'è spazio anche per migliorare tali norme ampliandone o precisandone l'applicazione e definirne meglio i collegamenti con altri tipi di servizi; approvare una nuova legge come se finora non ci fosse alcuna tutela per le persone non autosufficienti è invece una mistificazione che serve ai politici per presentarsi come i salvatori dei disabili, mentre curare solo l'applicazione di leggi esistenti è meno redditizio dal punto di vista propagandistico.

È invece da temere l'approvazione di questa legge, anche se nell'immediato non modifica i diritti riconosciuti dalle leggi preesistenti, voglia inaugurare il passaggio da un regime di diritti soggettivi riconosciuti ai soggetti più deboli come appunto i malati non autosufficienti, ad un regime di elargizioni sostanzialmente discrezionali e a gestione largamente privatizzata.

Talvolta sembra che alcuni esprimano fastidio per il fatto che i LEA siano una normativa di carattere sanitario, dimenticando che questo è innanzitutto oggettivamente giustificato (non si capisce come possa qualcuno in perfetta salute non essere autosufficiente) e, almeno nell'attuale ordinamento, è ciò che garantisce la sussistenza di diritti esigibili, ma non significa minimamente - come qualcuno sembra pensare - che la loro attuazione sia da dare per scontata e meno ancora che essa si identifichi con l'istituzionalizzazione, come se si trattasse di chiudere tutti i disabili in ospedale e attaccarli ad una flebo; viceversa, possono e devono essere previste prestazioni diverse a seconda delle esigenze e delle situazioni, privilegiando sempre, quando possibile, la permanenza del soggetto al proprio domicilio, o almeno il ricovero in strutture diverse dai vecchi istituti e che non determinino l'isolamento sociale del soggetto; è interessante osservare che la Regione Piemonte ha approvato una buona legge (la numero 10/2010) sull'assistenza domiciliare, ma le giunte che si sono poi succedute (di centrodestra e di centrosinistra) si sono ben guardate dall'approvarne il regolamento applicativo.

E' poi ovvio che rivendicare il riconoscimento di diritti previsti in ambito sanitario non vuol dire negare esigenze e diritti di diversa natura, ad esempio la mobilità e l'abbattimento delle barriere architettoniche oppure l'accesso ai servizi culturali per coloro che sono in grado di fruirne.



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