No al Patto per il sociale della Regione Piemonte

Date 2015/7/13 21:35:46 | Topic: Assistenza

Una valutazione negativa del GVA sui documenti regionali a proposito del nuovo Patto per il sociale che la Regione Piemonte sta elaborando.
Il GVA ha potuto prendere visione dei documenti prodotti dalla Regione Piemonte nell'ambito dell'elaborazione del nuovo Patto per il sociale, cioè il piano regionale del settore socioassistenziale, e poiché le associazioni potevano presentare le loro osservazioni all'assessorato, l'abbiamo fatto anche noi scrivendo il 7 luglio scorso quanto segue:


Abbiamo avuto modo di prendere visione della documentazione relativa all'elaborazione del Patto per il sociale, e desideriamo esporre le nostre gravi perplessità per quanto abbiamo potuto leggere. Ci riferiamo essenzialmente ai principi generali e al settore dell'integrazione socio-sanitaria, poiché altri argomenti sono in misura maggiore o minore al di fuori delle nostre competenze.

L'impostazione complessiva appare quella di una sorta di "ritirata" della sanità, che viene più o meno implicitamente riconosciuta incapace di soddisfare i bisogni di cittadini che a quanto pare - secondo la Regione - possono essere disabili o anziani non autosufficienti ma senza essere malati, tanto che non c'è alcun cenno ai diritti riconosciuti ai malati stessi dalla legislazione sanitaria (L. 833/1978 e LEA), tuttora in vigore, come riconosciuto dalla stessa sentenza 604/2015 del Consiglio di Stato. A ciò sembra fare riscontro l'idea di spostare gli oneri sulla assistenza, che però ha risorse di gran lunga inferiori e un quadro normativo che garantisce molto meno gli utenti: non si vede come l'assistenza possa fare fronte a queste esigenze, se non tagliando servizi, negando diritti esigibili e spostando maggiori oneri a carico degli utenti, magari utilizzando l'ISEE (come sembra intendesse suggerire anche l'Assessore Ferrari nel suo intervento del 2 luglio ad Acqui).

Per quanto i documenti esaminati contengano anche affermazioni condivisibili, riteniamo la loro impostazione d'insieme tanto difettosa da rendere necessario ritirare il piano ed elaborarne uno nuovo basato su criteri più corretti.

Con ciò non intendiamo certamente affermare che l'affermazione di diritti riconosciuti sul piano etico e giuridico determini da sola le condizioni per la loro attuazione, quasi che organizzazione e risorse fossero aspetti irrilevanti: tutto all'opposto, riteniamo centrale il tema economico, ma non nel senso che il modello di welfare affermatosi soprattutto in Europa nel secondo dopoguerra sia definitivamente superato per non si sa quale necessità, come sostiene l'ideologia neoliberista, bensì nel senso che è necessario sostenere modelli economici che includano il welfare, attraverso appropriati criteri di gestione della tassazione e del debito pubblico. Anche il recente referendum greco può essere una spinta in questa direzione. In Italia le regioni avrebbero la possibilità almeno di cercare di sostenere sul piano politico un diverso modello economico, anziché adattarsi (volentieri?) a scaricare sui cittadini,soprattutto sui più deboli, le conseguenze dei vincoli di bilancio imposti dal modello dominante, ed in particolare non ci pare che lo stia facendo la Regione Piemonte.


Anche il CSA di Torino ha inviato alla Regione un documento fortemente negativo, più ampio del nostro e che prende in esame anche settori su cui noi non abbiamo competenza, come l'adozione, ma che non è ancora stato pubblicato.

I documenti regionali, che sono bozze e non atti definitivi, per quanto ci risulta non sono ancora stati resi ufficialmente disponibili al pubblico, ma abbiamo trovato il testo qui. Non abbiamo però verificato se questa versione di febbraio è identica alle bozze che abbiamo visto.



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